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giovedì 20 giugno 2019

Lars Von Trier : La casa di Jack (The House that Jack Built), 2019. Con Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman


L’ultimo film di Lars von Trier è stata un’altra provocazione.
Il famoso regista danese, noto anche per le sue dichiarazioni incaute che gli valsero nel 2011 a Cannes un’accusa di neonazismo e l’ostracismo, e per il fatto di aver ammesso che alcool e droga lo aiutavano a finire i film, ha firmato il suo ultimo film, La casa di Jack, buttandosi in un altro genere, il thriller.
Un film controverso, di violenza altissima, e per questo vietato ai diciotto anni. A dire il vero esistono due versioni: una sottotitolata integrale ed una con doppiaggio italiano in cui mancano cinque minuti di scene tagliata per la loro eccessiva violenza.
Protagonista principale è Matt Dillon. Interpreta un serial killer compulsivo.
E’ un architetto, infelice del suo lavoro: vorrebbe costruire una casa sul lago, la sua casa, ma è alla ricerca del materiale perfetto che lo ispiri: prima in cemento, poi in legno, ma ogni volta la casa è distrutta e rifatta da zero. L’edificazione della casa, cioè la realizzazione di un suo progetto, va di pari passo ad un altro: uccidere, quando la gratificazione è pari a 0 e invece il dolore per l’assenza di gratificazione è al massimo grado. Uccidere, ma secondo una vena artistica. Quasi che l'assassinio sia un'arte. E da qui la contaminazione che ci sarà in tutto il film con la specularità tra arte e negazione dell'arte, tra bello e brutto, tra vita e morte.
Il film si apre con una confessione al buio. Il protagonista si confessa a qualcuno. E parla di cinque incidenti che hanno influito sulla sua vita, accaduti nell’arco di 12 anni.
La prima vittima nasce per caso. Un’imbecille, insopportabile donna (interpretata da Uma Thurman), gli chiede aiuto sul ciglio della strada: il suo cric è rotto. Convince Jack a portarla al primo centro di assistenza dove ripareranno il suo cric, ma durante il viaggio lo sfotte in ogni modo dicendo che ha la faccia di un serial killer e ipotizzando per es. anche la sua morte (come se volesse morire), e poi in un successivo viaggio arriva al punto da dire che non avrebbe il coraggio di ucciderla perché è uno smidollato. Quello che avrebbe fatto chiunque sarebbe stato fermare l’auto e lasciare appiedata la stronza, invece Jack sceglie la via più sbrigativa: mentre guida, con la destra afferra il cric e con un colpo fracassa la faccia e la testa della donna, esaudendo il suo desiderio inconscio. Quindi col suo furgoncino rosso, trasporta il cadavere in città, laddove ha a disposizione un’enorme sala frigorifera, in cui ha accatastato una grande quantità di pizze che non mangerà mai, e lascia lì il cadavere..al fresco. Questo è il primo incidente, da cui origina tutto.
Avendo ucciso, e avendo constatato come inaspettatamente nessuno lo inquisisca anche per errori delle indagini, una volta che il suo ego prende il sopravvento, sente il bisogno di uccidere.
E’ la volta di una povera massaia, vedova, che pur inquadrato quel tale che gli ha bussato alla porta come un tipo strano, qualificatosi come un poliziotto prima e un assicuratore dopo, davanti alla possibilità di raddoppiarle la pensione, gli apre la casa e fa il più grande errore della sua vita, perché lui ben presto la strangola. Poi fa delle foto al cadavere in pose “artistiche”. Arriva un’auto della polizia, ma più lui si dimostra collaborativo, più il poliziotto cerca di scrollarselo di dosso. E questo mentre il cadavere è avvolto in una tela e legato per i piedi ad una fune collegata al furgoncino. Quando il poliziotto lo caccia, lui se ne va allegramente col cadavere che si fa la statale lasciando una scriscia di sangue sull’asfalto. Constatato lo stato devastante in cui arriva alla ghiacciaia, Jack pensa bene di ammazzare qualche altra.
E’ la volta di una tipa che si è innamorata di lui, sempre matura. Anche lei strozzata, anche lei fotografata in pose strane. Ora l’assassino si firma Mr Sofistication. E sempre poi riposta nella ghiacciaia.
Altri eventi si susseguono nell’arco dei 12 anni e altre donne vengono ammazzate:
una donna coi suoi due figlioletti. Innamoratasi di lui, capisce troppo tardi che l’ha portata in campagna solo per ucciderla. Ma prima uccide i bambini centrandoli in un terribile tiro a segno, che ricorda terribilmente il nazista di Schindler’s List che uccideva i prigionieri sparando con un fucile di precisione. E poi lei. In questo caso, Jack manifesta una follia della follia: con del fil di ferro, dopo la fine del rigor mortis dei cadaveri, congela i cadaveri facendo assumere pose strane grottesche: uno dei bambini, al quale prima di ucciderlo ha rotto un ginocchio, cambia grottescamente la forma della bocca, mettendogli l’espressione di un clown.
Poi uccide una ragazza che si era innamorta di lui, che troppo tardi capisce che lui è Mr Sofistication. Quell’assassino che intanto che lei è caduta nella sua trappola ha già ucciso 60 persone e con lei presto saranno 61. Lei cerca di fuggire, ferma un’auto della polizia, ma loro sordi ai suoi richiami pensano che sia ubriaca e la riconsegnano a Jack che prima di ucciderla, attratta dai suoi seni, glieli asporta tagliandoli con un coltello accuminato: uno lo mette come un trofeo sul tergicristalli di un’auto, dell’altro ne fa il suo portafoglio.
Ormai la ghiacciaia è piena di cadaveri. Ma lui è sempre più insoddisfatta perché la sua casa sul lago non prende forma.
Progetta di cambiare modo di uccidere e stavolta rapisce sei uomini che lega in maniera tale che le sei teste siano una accanto all’altra: vorrebbe ucciderli come facevano i nazisti in Europa orientale per risparmiare munizioni. Nel suo caso con un unico proiettile incamiciato. Solo che chi gli ha venduto i proiettili gli ha rifilato una fregatura. Dopo aver cercato di farsene dare qualcuno dal venditore che si rifiuta, va dal fabbro amico suo, quello che aveva riparato il cric della prima donna 12 anni prima. Lo cercano per una serie di rapine. Il suo furgone sempre rosso, probabilmente è stato confuso con un altro. Prima uccide lui, poi il poliziotto che quello aveva messo in allarme, confuso dalla tuta rossa che indossava il fabbro.
Poiché il furgone è bruciato, va alla ghiacciaia per finire il lavoro. Ora la casa che sa sempre voleva costruire con materiali forti e deboli, ha preso forma: è lì. Una orrorifica composizione di cadaveri, sistemati in modo tale da ricordare una casa. Ma sul più bello, arriva la polizia, che comincia con la fiamma ossidrica a tagliare la porta di acciaio della ghiacciaia.
Nel frattempo lui riesce ad aprire un ambiente che non era riuscito mai ad aprire del magazzino, e vi trova Verge (Virgilio). E’ lui colui al quale aveva cominciato a raccontare la sua storia. Ora si capisce che Virgilio è lì per accompagnarlo nell’Inferno. Visto che di lì a poco evidentemente anche Jack viene ucciso.
Virgilio (Bruno Ganz, in una delle sue ultime apparizioni cinematografiche prima della sua scomparsa quest’anno) gli fa prima vedere i Campi Elisi dove loro non possono entrare: hanno l’aspetto (o forse lo sono) dei campi che Jack da bambino ricorda che venivano falciati. Qui Jack piange per l’unica volta, ricordando l’infanzia perduta. Poi Verge lo porta laddove c’è un ponte crollato nella metà: sotto c’è un mare di fuoco. Tanti hanno tentato di passare dall’altra parte, laddove c’è una scala nella roccia da cui si risale nell’inferno, ma nessuno vi è riuscito e sono stati vittima del gorgo. Anche Jack tenta, ma anche lui vi precipita.
Ho visto tutti i film di Von Trier: alcuni mi sono piaciuti (Le onde del destino, Ninphomaniac), altri mi hanno lasciato interdetto (Antichrist), altri ancora mi hanno affascinato (Melancholia), Questo  è così pieno di citazioni e riferimenti, che diventa difficile seguirlo. Bisognerebbe aver letto i suoi intenti programmatici, prima di visionarlo.
Un film che peraltro ha raccolto molti giudizi contrastanti a confermare che quello che ho percepito, lo è stato da molti altri. Alcuni hanno applaudito per quindici minuti dopo la proiezione a Cannes, altri lo hanno bollato di un prodotto velleitario e senza nessuna forza.
Io direi che è un film degli eccessi. Così come un film di eccessi era Ninphomaniac, che era in sostanza la confessione di una donna che dal rapporto amoroso non riesce a ricavare più alcun brivido e finanche l’orgasmo, e che narra il suo percorso ad un uomo che gli fa da confessore; qui i messaggi che lascia sono così tanti, e connessi alla vicenda, da lasciare molto spesso estraniati: bisogna riavvolgere, andare indietro e riguardarsi alcune scene per capirne il senso L’unico messaggio, veramente squassante, perché calato nella richiesta di aiuto della ragazza a cui lui poi taglia i seni, è quello che von Trier lancia, e che è purtroppo una realtà della società contemporanea: anche se chiedi aiuto, nessuno te lo da, perché ognuno è chiuso in se stesso. Così chiuso che anche quando Jack grida di avere ucciso 60 persone, che è lui Mr Sofistication, i poliziotti  sono così sicuri di se stessi che non gli credono. Lui vorrebbe essere fermato ma il fatto che nessuno lo fermi aumenta la sua fiducia in sè stesso, nelle sue crudeltà, nella sua forza.
Stando alle dichiarazioni di Von Trier, il titolo del film è tratto da una nota ninna nanna (The House that Jack Built), ma è altrettanto evidente che Jack, serial killer di povere donne, è un ricordo di Jack the Ripper.
Il film viene costruito su delle affermazioni e sui suoi opposti:
la vita e la morte innanzitutto: la vita (il bambino) la morte (quella delle donne inermi). Ma anche il bambino viene ucciso quando si abortisce, e chi lo uccide? Delle povere donne;
il riferimento alle cattedrali, con una serie di immagini inserite nel film: “Le antiche cattedrali contengono spesso sublimi opere d’arte nascoste negli angoli più bui che può vedere solo dio, o comunque si voglia chiamare il grande architetto che ha realizzato il progetto. Lo stesso vale per l’omicidio” dice Jack. Alcuni hanno sottolineato il fatto che forse qui ci si riferisca al ruolo della massoneria: cattedrali, architettura, grande architetto.
Difficile non pensare durante la visione del film al romanzo a fumetti From hell, degli inglesi Alan Moore e Eddie Campbell, dove i crimini di Jack lo squartatore sono messi in diretta relazione con la costruzione dell’ordine massonico dell’Inghilterra vittoriana a cominciare dalle opere architettoniche più imponenti, come le cattedrali la cui costruzione sarebbe fondata su princìpi esoterici (Francesco Boille: L’orrore e l’empatia nel film La casa di Jack).
A Verge Jack rivela che nella sua infanzia, guardando i negativi di una pellicola, ha scoperto la luce negativa: “Quando avevo dieci anni ho scoperto che attraverso il negativo vedi la qualità demoniaca insita nella luce. La luce oscura”, una luce che non l’ha più abbandonato, che lo ha guidato verso l’elaborazione di un suo proprio ideale di architettura, verso un suo ideale di vita deviato. L’ombra insegue e divora la luce e viceversa in un processo simbiotico continuo.
Le continue elucubrazioni di Jack anche architetto, trovano precisi parallelismi nel film: e ad ognuna lettura di Jack al potere, all’arte e all’umanità, si contrappongono degli incidenti, 5 incidenti. Che a loro volta secondo alcuni possono richiamarsi ad un’opera di Warhol: fotografie di incidenti automobilistici.
Quando Jack imbraccia il fucile da caccia ed uccide la madre e i due figlioletti, fa un discorso, un altro dei suoi: “Abbattimento selettivo è un’espressione molto sgradevole. Ricorda abbastanza la pulizia etnica. Il perverso e contorto atto della caccia è stato ritualizzato a un livello molto inquietante”. E sottolinea il piacere che hanno i cacciatori nel mostrare i loro trofei, probabilmente rifacendosi al suo perverso collezionare e conservare i cadaveri delle sue vittime.
E si potrebbe dire ancora tanto: il discorso sull’architettura malata di Albert Speer, sul fatto che egli cercava dei materiali forti e deboli tanto che le sue opere un giorno, cadenti sarebbero state paragonate a quelle dell’antica Grecia (l’ossessione di Jack vede nei cadaveri il materiale perfetto per edificare la sua casa). Lo stesso piacere dell’uomo nella morte dell’altro, contamina con la sua negatività anche l’arte. E qui Jack parla dell’albero di Goethe, e del fatto che proprio lì i nazisti costruirono il campo di Buchenwald. E poi parla del fatto che nell’umanità ci sia la tigre e l’agnello e di come la religione abbia ucciso la nostra ferocia e ci abbia ridotti a degli agnelli , a degli schiavi. E qui le immagini e le citazioni di opere di William Blake.
Insomma, un thriller che non è un thriller, che usa le immagini e le situazioni a volte di una violenza insostenibile immorale, per sostenere un discorso morale.

P. De P.

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