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venerdì 24 maggio 2019

Jacques Deray : Borsalino & Co. - con Alain Delon, Riccardo Cucciolla, Mireille Darc, Daniel Ivernel, Adolfo Lastretti - 1974

Dopo il successo di Borsalino, celebre film basato sull'accoppiata dirompente Delon-Belmondo, il grande regista francese Jacques Deray, dopo un intervallo di 5 anni, pensò bene di bissarne il successo, firmando la regia di un secondo film su Borsalino: appunto Borsalino & Co, prodotto dallo stesso Delon.
Evidentemente essendo morto nel primo film Capella/Belmondo, se Borsalino è Alain Delon, doveva contrapporgli come nemico un altro attore famoso: quel Riccardo Cucciolla che era balzato agli onori del cinema d'autore vincendo proprio in Francia, a Cannes, nel 1971, la Palma d'Oro per l'interpretazione maschile in Sacco e Vanzetti, di Giuliano Montaldo, e che da allora aveva lavorato con noti cineasti: in Francia non solo appunto con Jack Deray ma anche con Jean-Pierre Melville.
Nel film di Deray, l'attore barese, interpretava il doppio ruolo di Francesco Volpone e Giovanni Volpone.
In sostanza...
Francesco Volpone ha ucciso François Capella, socio di Roch Siffredi.
Avuta notizia che è stato lui a uccidergli Capella, Siffredi ne organizza l'uccisione sul treno Parigi- Marsiglia.  Ma Volpone era atteso a Marsiglia dal fratello Giovanni, che si è posto a capo di una gang, molto attiva negli affari, amico di pezzi grossi anche della politica. Volpone vedendo scendere dallo stesso treno dal quale non vede scendere il fratello, Roch Siffredi, capisce la sorte del fratello: evidentemente sapeva dell'uccisione di Capella (o proprio lui l'aveva decisa?). Così decide di vendicarsi: prima attenta alla sua vita dopo l'uscita d aun locale, poi concepisce un piano più articolato. Innnazitutto gli toglie di mezzo il braccio destro Fernand, facendogli fare un tuffo legato ad un masso, nel porto di Marsiglia, e poi cattura lui, riservandogli una fine non immediata: lo costringe ad ingurgitare alcool per più giorni fino a renderlo dipendente. E ne fa un povero derelitto, pronto a fare di tutto, anche umiliarsi, pur di bere un goccio di alcool.
Fernand, che intanto è riuscito a salvarsi dalla sua uccisione (si è liberato grazie ad un coltello che aveva in tasca, una volta buttato in acqua, con il quale ha reciso le corde che lo tenevano legato al mass), vaga per Marsiglia, elemosinando, alla ricerca del suo capo. Avendolo visto in giro, Volpone decide di fargli rivedere Siffredi e lo fa portare dal capo dei suoi scagnozzi, Sam, in un bistrot, dove Siffredi, ridotto ad uno straccio umano, elemosina cicchetti: non riconosce il suo vecchio braccio destro e addirittura cerca di colpirlo quando quegli gli toglie il bicchiere. 
Volpone ha chiamato la stampa che intanto immortala Siffreddi nelle pietose condizioni in cui vive e grazie alle connivenze maturate negli ambienti sua politici che della polizia (l'ispettore Cazenave è sul suo libro paga), riesce a farlo internare in un manicomio.
Pare finita per Siffredi, ma è proprio Fernand, il suo vecchio braccio destro, che, diventato operaio in una ditta di bare, lo fa scappare proprio dentro una di esse.
Intanto, Volpone si da da fare nel traffico internazionale di droga, nel controllo dei bordelli, e nel traffico internazionale di armi, prendendo armi dalla Germania e mandandole in Spagna, durante la guerra civile.
Il tempo di emigrare a Genova e disintossicarsi, che due anni dopo torna a Marsiglia con l'intenzione di vendicarsi: assoldati dei malavitosi italiani, prende sede in una sua vecchia dimora, ed elabora i piani della sua vendetta.
Innanzitutto va a liberare la sua donna, che è costretta a prostituirsi in un bordello gestito e controllato da Volpone: qui avviene la prima strage. Poi, prosiegue la sua opera di accerchiamento di Volpone, diventato un benemerito cittadino di Marsiglia, tramite amicizie altolocate nella borghesia marsigliese, tanto da inaugurare circoli e distinguersi nella beneficenza: amico di ambienti dell'ultradestra, simpatizzanti di fasciti italiani e nazisti in Germania, e immerso in affari illeciti, vorrebbe fare di Marsiglia il centro europeo dello spaccio di eroina: per metterlo in cattiva luce, pensa bene di togliergli di mezzo gli uomini più fedeli. Prima organizza sparatorie e stragi della gang di Volpone, poi elimina i chimici della centrale di spaccio dell'eroina, poi il deposito di droga; poi catturati Sam, il capo dei sicari di Volpone, e l'ispettore Cazenave, li costringono a ingurgitare alcool fino a renderli ubriachi fradici: portati in un locale e chiamata la stampa, essa li immortala mentre essi se le danno di santa ragione, e poi tentano anche di aggredire i poliziotti. Lo scandalo è enorme. Cazenave viene rimpiazzato dall'Ispettore Fanti, a cui aveva soffiato il posto tempo prima, e Volpone comincia a sentire sul collo, il fiato di Siffredi. L'ispettore Fianti, che deve in sostanza a Roch l'essere ritornato in sede, organizza nei suoi uffici di polizia un incontro a due tra Siffredi e Volpone: il primo annuncia al secondo che lo ucciderà.
Il prosieguo di questo incontro è l'attacco alla sede operativa di Volpone, dove Sam viene ucciso dopo che il capo dei sicari italiani, Luciano, è caduto vittima per primo. In varie scene si notano le sue amicizie fasciste:  in una quando Siffredi ripara a Genova, si vede  sulla scrivania di Volpone una foto del Duce, come quando in una scena prima che venga ucciso, su un proteggi-calorifero del suo studio un'altra foto autografata del Duce. Del resto le amicizie con ambienti di destra, vengono confermate, quando in stazione, Volpone incontra sul treno che dovrebbe farlo scappare, un emissario tedesco. Ma non corona i suoi sogni di fuga perchè Siffredi lo cattura e gli fa fare la fine più atroce possibile: lo brucia vivo nella caldaia della locomotiva.
Avrebbe Marsiglia ai suoi piedi, ma Siffredi, così come aveva fatto Capella anni prima, capisce che la sua parabola in Francia è finita, e prima che la polizia o qualche nuovo boss possa arrivare a lui, scappa via con la sua donna Lola, e il suo braccio destro Fernand, alla volta dell'America.

I costumi - i gessati e doppiopetti, i cappelli  Fedora (Il celebre Borsalino) - la fanno da padrone e ripropongono i temi del primo film, nonostante questo sia un film nato per fare soldi (anche qui Delon ne era produttore): non a caso, la commedia scanzonata ritmata da cazzotti e sparatorie del primo film e da bellissimi sfondi, viene sostituita da un film drammatico, in cui di commedia ce n'è poca, e c'è solo una disperata sete di vendetta: il ritmo qui è dato solo dalle sparatorie e dagli attentati. Sembra un film gangsteristico della Chicago degli anni '30, riproposto in Francia. 
C'è anche il cameo nell'immancabile Salone del barbiere: sulla poltrona, con la faccia ricoperta di asciugamani, Sam il guardiaspalle sicario di Volpone, viene affrontato da Siffredi: viene spontaneo alla mente l'assassinio sulla poltrona del barbiere, di Anastasia, del resto riproposto da Lucky Luciano di Francesco Rosi (guardacaso del 1973, un anno prima di Borsalino & Co).
Non è un film di classe come il primo ma ciononostante la presenza di due mostri sacri come Delon e Cucciolla lo rendono un ottimo sequel. Tra i comprimari, c'è un ruolo non accreditato della Farinon, quello di Mireille Darc che ritorna come donna di Roch, prostituta presente già nel primo film, e quello di Adolfo Lastretti, un grande caratterista italiano, ricordato per i tanti film del poliziottesco italiano, a cominciare dal notevole Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica, di Damiano Damiani passando per Il giustiziere sfida la città, di Umberto Lenzi e finendo a Il leone del deserto di M. Akkad, ma utilizzato anche sul set di grandi registi francesi: Flic Story di Jack Deray, Le Gitan di Josè Giovanni. Curiosamente i soli film francesi di Lastretti vedono tutti protagonista Alain Delon.
Evidentemente chi torreggia nel film è proprio lui, Delon che sfoggia il suo famoso Borsalino. La mancanza di un contr'altare francese, come Belmondo si vede e si sente: non basta la presenza di Cucciolla a non farne rimpiangere la presenza. Del resto Belmondo, protagonista de La Nouvelle Vague era protagonista amato in Francia troppo difficile da rimpiazzare, e per di più il famoso litigio tra le due star durante la lavorazione ebbe come effetto la corsa al botteghino - anche se Delon e Belmonto tardivamente hanno ammesso che fu una pochade montata dai giornali di cui loro si avantaggiarono - li aveva troppo messi a confronto, per non provare dispiacere davanti alla mancanza di uno dei due.
Se vogliamo tuttavia nel sequl, rispetto al primo Borsalino, c'è una nota anche di caratterizzazione politica : è come se il malavitoso dallo sguardo affascinante del primo Borsalino, si fosse trasformato in una specie di Mandrin redento dalla vena patriottica, opposto com'è a poteri forti fascisti contrari al vivere francese. Notiamo tuttavia due curiosità:
la prima politica, vede confrontarsi Delon e Cucciolla: Delon è sempre stato un simpatizzante nazionalista nonostante abbia lavorato con registi comunisti come Losey o Visconti, e interpreta un malavitoso francese che combatte contro un emigrato italiano, Volpone, dalle simpatie fasciste, interpretato da Cucciolla, attore invece famoso per ruoli impegnati di sinistra (Sacco e Vanzetti, I sette fratelli Cervi, Gramsci);
la seconda di cinema: il regista e porno attore Rocco Siffredi già Tano ha dichiarato più volte di aver assunto lo pseudonimo proprio dopo aver visto il Borsalino di Delon, che nel film era Roch Siffredi mentre il suo socio aveva un altro nome parecchio allusivo: "Capella".

P. De P.


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