Agatha
Christie non finiva mai di stupire.
Se
è diventata una vera e propria icona della Letteratura Poliziesca, guadagnandosi
il posto assieme a Ellery Queen e John Dickson Carr in una ipotetica trinità
del giallo, un motivo deve pur esserci! Accanto a tutte le ragioni che si
possono desumere leggendo i suoi meravigliosi romanzi, c’è anche quella, non
indifferente di aver saputo mutare le proprie trame in ragione del passare del
tempo, senza perdere in freschezza, e cambiando semmai la forma della sua
scrittura, passando cioè dal puro giallo ad enigma, al suspence, al thriller, e
facendo anche delle puntate nel genere spy e avventura: insomma un po’ di
tutto.
Tra
i personaggi fissi, Tommy e Tuppence Beresford, sono tra i meno conosciuti, ma
anche tra i più amati, tanto che, nonostante Agatha Christie li avesse inseriti
solo in due romanzi (Avversario segreto, 1922; e Quinta colonna, 1941) e in una
serie di racconti, nel 1968 si decise a dare loro una terza chance, buttando
giù il romanzo “Sento i pollici che prudono”, By the Pricking of My Thumbs.
E’
uno dei romanzi meno conosciuti in assoluto, questo, ma Agatha amava i suoi due
coniugi Tommy & Tuppence, al pari dei tanti fans che continuavano a
chiederle loro notizie; e così decise di scrivere un altro romanzo ancora, Postern of Fate, “Le porte di Damasco”, che venne
pubblicato nel 1973. Non è un romanzo quale un fan di Poirot o di Miss Marple
sarebbe lecito che aspettasse; no, è un romanzo ibrido: un romanzo giallo nella
prima parte (indagini, deduzioni) che evolve in un romanzo thriller nella
seconda, con un finale in crescendo per quanto riguardo l’azione anche se la
verità è stata già capita.
Qui c’è un po’ di tutto: bambini uccisi,
refurtiva di gioielli, una misteriosa villa, una vecchia signora che scompare
da una casa di cura, il tutto affrontato con inimitabile estro.
Da questo romanzo nel 2005 è stato tratto un bel
film per la regia di Pascal Thomas, interpretato principalmente da Catherine
Frot e André Dussollier, e con la partecipazione significativa di Laurent
Terzieff, che commenteremo confrontandolo col romanzo originale.
Innanzitutto, il film riporta grosso modo la
trama del romanzo: Belisaire e Prudence Beresford, coniugi col pallino
dell’investigazione, pur anzianotti non dimenticano gli antichi ardori: lui è
un alto membro dei Servizi d’Informazione, mentre lei si occupa della casa. Un
bel giorno vanno a trovare la vecchia zia Ada che è ricoverata in una elegante
casa di cura: rispetto al romanzo, i due in macchina, intonano un’aria che avrà
la sua importanza nella trama: si tratta dell’Aria di Nadir, dal 1° Atto de “I
Pescatori di Perle” di Georges Bizet: “Je crois entendre
encore, Caché sous les palmiers, Sa voix tendre et sonore, Comme un chant de
ramier! O nuit enchanteresse! Divin
ravissement! O souvenir charmant! Folle ivresse! doux rêve! Aux clartés des
étoiles, Je crois encore la voir, Entr’ouvrir ses longs voiles Aux vents tièdes
du soir! O
nuit enchanteresse! Divin ravissement! O souvenir charmant! Folle ivresse! doux
rêve! Charmant souvenir!”.
Arrivano
alla casa di cura (un castello ristrutturato) ed ecco che i due esclamano:
-Ah,
che tranquillità! Che armonia! Da un profondo senso di pace – dice Tommy
-Che
bella vita quieta e serena! – dice Tuppence
E
intanto la cinepresa si fissa su una delle finestre semi aperte del castello,
nella cui stanza qualcuno sta iniettando qualcosa in una bottiglia del latte(
ma dev’essere qualcosa di non buono, perché altrimenti per quale motivo la
persona indossa dei guanti?)
-Senti
che qui non ti può accadere nulla di brutto – dice Tommy
-E’
come una tomba
– dice Tuppence.
Il
dialogo, nel romanzo non c’è. E ovviamente laddove nel film la casa di cura è
un castello, nel romanzo è una dimora vittoriana. Insomma, il film è romanzato,
ha delle cose che mancano nel romanzo (per es. dopo la visita dalla zia, nel
film vengono a trovarli la figlia il genero e i due nipoti gemelli), e i nomi
di alcuni personaggi sono cambiati: per es. la signora Lancaster (che è una
tizia strana che parla con Prudence al castello e le accenna ad una bambina
dietro un camino), che aveva regalato alla zia di Tommy & Tuppence (poi
deceduta) un quadro con ritratta una villa ( che a Prudence risveglia un
ricordo), nel film si chiama invece Rose Evangelista.
Fatto
sta che Tuppence investigando, scopre che l’indicazione sull’altra casa di cura
è fallace; e allora riparte dal quadro che ritrae una vecchia casa tra due
filari vicino ad un canale. E prendendo il treno, da un finestrino la scorge.
Allora scende e comincia ad investigare e finalmente riesce con una scusa ad
entrare in quella casa, stranamente divisa in due: in una delle due parti
vivono i coniugi Perry. Dopo una conversazione, mentre lei sta andando via,
ecco che dalla cappa del camino cade una bambola: cosa ci farà mai in un
camino?
Prende
dimora in un villaggio vicino, e qui conosce il curato (un pastore nel romanzo)
e la sua perpetua e comincia a fare domande: viene a sapere che il quadro era
stato dipinto da un certo Boscovan, un pittore che aveva dipinto parecchio in
passato. Ma capisce anche che non tutti dicono la verità, e viene a sapere che
in quei paraggi tempo prima dei bambini erano stati uccisi. E soprattutto
capisce che c’è un mistero intorno alle morte di una bambina: mentre cerca la
sua lapide nel cimitero del paesino, qualcuno le rifila un colpo alla nuca. E
Tuppence, ricoverata, perde la memoria per una commozione cerebrale.
Intanto
Tommy ricostruisce la vicenda della bambina: era morta alla figlia della
Signora Carrington, una signora che abitava in passato nel villino raffigurato
nel quadro; la figlia era andata a Londra per fare la ballerina ma poi aveva
conosciuto un tipo equivoco; era poi nata la bambina che era morta, e la
signora e la figlia per evitare uno scandalo erano andate via: possibile che la
figlia della signora Carrington fosse la signora Lancaster?
Fatto
sta che a questo punto se non intervenisse la telefonata della figlia Deborah
che comunica al padre di aver saputo dell’aggressione compiuta ai danni della
madre e che Tuppence è ricoverata in un piccolo ospedale della contea, Tommy
non saprebbe dove andare.
A
questo punto interviene una cosa che nel romanzo non c’è e nel film invece sì e
che è collegato alla famosa aria di Bizet di cui abbiamo parlato prima: nel
film, Tuppence, che ha perso la memoria, la riacquista nell’attimo in cui sente
canticchiata quell’Aria da un muratore che sta effettuando un aggiusto lì
vicino ed è lei che fa chiamare Tommy; nel romanzo invece, dell’aria non c’è
traccia e Tuppence viene aiutata a ricordare tutto dal marito che arriva lì,
avvisato dalla figlia. Comunque sia, la nota dell’aria del film, mi pare
abbastanza indovinata: almeno dona una vena struggente che fa da leit-motiv per
tutta la durata del film.
I
due insieme fanno il punto e mentre lei fa vedere al marito la bambola, da essa
cadono dei sassolini, che Tommy, dopo averli strofinati, capisce che son
diamanti. E allora ricollega il tutto a quello che gli ha detto un suo amico
poliziotto: un celebre furto di gioielli molti anni prima, di cui molto poco
recuperato, era stato orchestrato da un certo avvocato di nome Eccles; la
figlia della sig.ra Carrington si era invaghita di uno dei banditi ed aveva
avuto una bambina, nella cui bambola avevano nascosto i diamanti. Poi, lei era
andata via e anche i banditi, dopo che erano stati fatti evadere avevano fatto
perdere le tracce.
Non
dico come va a finire, non sarebbe giusto. Ma.. il finale è notevole, e rivela
una cattiveria inaspettata, una malvagità che è figlia della pazzia.
Il grande
scrittore britannico Anthony Berkeley Cox, che con l’altro suo pseudonimo
famoso, Francis Iles, firmava anche articoli di critica, sul Guardian del 13
Dicembre 1968, così commentava l’uscita del romanzo della Christie: “This is a thriller, not a detective story, and needless to
say an ingenious and exciting one; but anyone can write a thriller (well,
almost anyone), whereas a genuine Agatha Christie could be written by one
person only”.
Che somigli più ad un thriller che ad un romanzo
giallo, l’abbiamo già notato; certo, se il romanzo vien letto da chi abbia già
immagazzinato dentro di sé tutti i Poirot e i Marple, e i romanzi senza
personaggio fisso, forse un po’ di delusione può provarla. Ma se invece,
affronta la lettura, scevro da ogni riserva, apprezzerà la grandezza di una
donna che di lì a cinque anni sarebbe passata a miglior vita e pure anziana,
sapeva riservare emozioni mai sopite.
Quanta grandezza possiamo trovare, se la
cerchiamo, nelle persone anziane! Che sembrano provate, indifese anche, ma che
anche sanno tanto della vita!
Per
quanto riguarda il film, l’unica variazione di un certo peso, e che ha
sicuramente un certo effetto dal punto di vista cinematografico, è che Eccles
ha un fratello gemello, mentre nel romanzo non è così.
Al
di là di questo, consiglio chi non avesse letto il romanzo, perché ne vale la
pena ; e poi di vedere il film: si trova anche nelle edicole.
Sia
la Frot che Dussolier sono irresistibili, e anche Terzieff è molto bravo: direi
che se mi sarei aspettato una parte drammatica per Terzieff, che interpreta i
due fratelli gemelli, sono rimasto invece molto colpito dalla bravura e
versatilità interpretativa di Dussolier che tanti anni fa avevo notato nel film
drammatico di Claude Sautet, “Un cuore in inverno” assieme alla Béart e ad
Auteil, e poi qualche anno fa avevo di nuovo ammirato nel capolavoro poliziesco
di Olivier Marchal, con Gerard Depardieu e Daniel Auteil, 36 Quai des
Orfèvres: è un attore completo che sa affrontare con naturalezza sia parti
da commedia brillante, sia da polizieschi anche d’azione, sia da film
drammatico.
Un’ultima
cosa: il titolo in originale del romanzo della Christie, è tratto da un passo
del Macbeth di William Shakespeare, Atto IV Scena 1 :
By the pricking of my thumbs,
Something
wicked this way comes
che
significa: Sento i pollici che prudono: certo arriva qualche infame.
P.
DE P.
P.S.
Per
chi voglia sentire l’Aria di Nadir da “I Pescatori di Perle” di Bizet, che dona
una nota struggente al film (e può anche esser stata inserita, in quanto
parecchio melanconica, in riferimento alla vicenda straziante di bambini
uccisi, dico io), rimando all’interpretazione di Alfredo Kra