Milestone, quando diresse questa pellicola, aveva già vinto due premi Oscar come regista per Notte d’Arabia e soprattutto per All’Ovest niente di nuovo,
uno dei più grandi film antimilitaristi della storia del Cinema. Vi
lavorò avvalendosi di un cast di prima grandezza: basti dire che tre dei
quattro interpreti principali erano star famose all’epoca : tra queste,
Lizabeth Scott, poi scomparsa dalla metà degli anni ’50 in poi, ma
allora una delle star più apprezzate soprattutto per la somiglianza con
Lauren Bacall e per la voce sexy; la Stanwyck e Van Heflin, invece, lo
sarebbero rimaste anche negli anni a venire: Van Heflin aveva vinto tre
anni prima l’Oscar come migliore attore non protagonista in Sorvegliato Speciale di
Mervyn LeRoy, e in quel periodo era sulla cresta dell’onda, che non
abbandonò più, segnalandosi negli anni successivi, in altre
interpretazioni rimarchevoli, da I 3 Moschettieri di George Sidney (1948), Atto di Violenza di Fred Zinnemann (1948) a Il cavaliere della Valle Solitaria, di George Stevens (1953), a Quel treno per Yuma di Delmer Daves (1957, da un racconto di Leonard Elmore), mentre Barbara Stanwyck pur
non avendo mai vinto un premio Oscar (tranne quello che gli sarebbe
stato tributato “alla carriera”), era già stata interprete memorabile di
Arriva John Doe (1941) di Frank Capra e e di La fiamma del peccato, di Billy Wilder (1944) e lo sarebbe stata dopo soprattutto con Il terrore corre sul filo
di Anatole Litvak (1948) su soggetto e sceneggiatura di Lucille
Fletcher, anche se successivamente solo la partecipazione alla serie
televisiva La Grande Vallata, l’avrebbe di nuovo imposta
all’attenzione del pubblico, dopo parecchi film tutto sommato mediocri. A
completare il cast, c’era il mitico Kirk Douglas alla sua prima
interpretazione cinematografica, dopo i fasti di Broadway: proprio
questo film gli fece da trampolino di lancio, verso i suoi successivi
successi: L’asso della manica, di Billy Wilder (1951), Pietà per i giusti, William Wyler (1951), e soprattutto Orizzonti di Gloria (1957) e Spartacus (1960), di Stanley Kubrick (1957), per non parlare di Sfida all’ O.K.Corral
di John Sturges (1957): curiosamente anche lui come la Stanwyck non
vinse mai l’Oscar, tranne quello (anche per lui) “alla carriera”.
Il film si avvaleva anche della grande
colonna sonora di Miklos Rozsa, che come Van Heflin aveva già vinto un
Oscar (l’anno prima con Io ti salverò, di Alfred Hitchcock);
successivamente sarà il più grande realizzatore di colonne sonore di
Hollywood e i suoi successi annovereranno soprattutto le musiche per Le quattro piume (1939), Il ladro di Bagdad (1940), Il libro della giungla (1942), Giorni perduti (1945), Dietro la porta chiusa (1948), Madame Bovary (1949), Giungla d’Asafalto (1950), Quo Vadis? (1951), Ivanhoe (1952), Ben Hur (1959) e tanti altri: vincerà ancora due Oscar con Doppia Vita (1947) di George Cukor e proprio Ben Hur di William Wyler.
Lewis Milestone si avvalse della sceneggiatura di Robert Rossen (che poi come regista avrebbe diretto Anima e corpo, Tutti gli uomini del re e Lo spaccone) che si servì del soggetto di Jack (John) Patrick, Love Lies Bleeding.
Il film è incentrato su una storia di odio,
omicidi, ricatti, e amore, nel più classico binario noirista americano;
tuttavia è anche una storia con forti connotazioni morali.
Tre ragazzi sono uniti da amicizia: Martha, Sam,
Walter. Walter è il figlio del precettore di Martha, unica nipote della
Signorina Ivers, ricchissima despota, che vuole sradicare dalla persona
di Martha i ricordi di suo padre morto, dandole il proprio cognome, che
portava la madre di Martha, che però Martha rifiuta, assieme alla vita
senza libertà che la zia gli vuole imporre, preferendo la vita errabonda
assieme a Sam Masterson, un ragazzo di umili natali. Tuttavia, la zia
scatena una caccia all’uomo e i due vengono riacciuffati, e Martha viene
ricondotta a casa: persino il suo gattino è odiato dalla zia e perciò
deve affidarlo alle cure del maggiordomo che tenta di nasconderlo
all’attenzione della padrona. Quella notte, in camera di Martha ella
viene a sapere che a denunciarli alla polizia è stato il suo precettore,
O’ Neil, che vuole così attirare l’attenzione della zia, affinché ella
prenda sotto la sua ala benevola il di lui figlio, Walter, affinché egli
possa studiare ad Harvard; la zia sente dei rumori al piano di sopra e
Sam riesce a fuggire via, riparandosi dietro le scale al piano terra, in
tempo perché la Signorina Ivers non lo noti e alle sue spalle
sgattaiola via.
In quel mentre, la zia proprio il gatto vede
fuggire via e presa dall’ira lo colpisce con il bastone. Martha,
richiamata dal baccano esce fuori, spintona la zia e con il suo stesso
bastone la colpisce, spinta dall’ira e dall’odio: la vecchia cade e
muore. All’omicidio ha assistito Walter che testimonia al padre là
accorso (che ha capito che la responsabile è Martha) come ad aver ucciso
la vecchia sia stato un fantomatico ladro, che loro hanno sorpreso.
Fatto sta che alla tirannica autorità della zia, si sostituisce
l’interessata tutela del padre di Walter che trama per riuscire a
realizzare i suoi fini: fare del figlio una persona importante. Da quel
momento in poi i destini di Martha e di Walter si cementano assieme: la
loro unione, santificata dal matrimonio, darà forma muta ad un vero
ricatto: l’aver sostenuto la versione di Martha davanti alla polizia, ne
farà un testimone interessato, che ricatterà Martha silenziosamente per
tutto il resto della vita, mentre lei non potrà che tenerselo accanto,
impedendo che la verità venga a galla. Un matrimonio nato quindi non
sull’amore, bensì sull’odio e sul ricatto, su una ricchezza smisurata,
che si regge sulle fragili colonne della menzogna.
Tuttavia, essendo rimasti in parecchi dei dubbi
sull’effettiva dinamica della morte della vecchia Signora Ivers, e
sull’attendibilità dei giovani che ci fosse effettivamente un ladro, il
giovane avvocato Walter, cresciuto, (ora impersonato da Kirk Douglas),
sostiene l’accusa in una arringa dura e mistificatrice, contro un povero
diavolo, attirandosi il consenso della giuria e facendo in modo che
quello venga impiccato, grazie anche alla testimonianza falsa di Martha.
Ora potrebbero dormire sonni tranquilli i due
efferati coniugi, e godere del potere che hanno guadagnato nella loro
piccola città, Iverstown, se non ci fosse il destino a turbare il tutto:
esso si presenta sotto forma di quel Sam Masterson di cui la giovane
Martha da giovane era innamorata, e che era fuggito dalla sua vita, la
notte in cui ella aveva ucciso sua zia, e che lei ancora pensa che abbia
assistito anche lui all’omicidio. Ma intanto lui era scomparso e quindi
pericolo non vi era; ma ora…Sam è un uomo (Van Heflin), ha partecipato
con onore alla seconda guerra mondiale ed ora campa facendo il giocatore
d’azzardo.
Ora accade che mentre Sam guida, lui perda il
controllo dell’auto che finisce contro un palo, fracassando il
radiatore: è costretto quindi a ritornare proprio in quella cittadina da
cui diciotto anni prima era dovuto fuggire via, per riparare l’auto.
Proprio quella sera incontra una ragazza, Antonia "Toni" Marachek, una
giovane che è stata condannata ingiustamente per furto, ma che, essendo
incensurata, deve ritornare al suo paese natio, in quanto in “libertà
condizionata”; solo che non vuole farlo, perché ad attenderla c’è un
padre violento che beveva e la picchiava. Sam le corre in aiuto e la
ospita nella sua camera d’albergo, da amico. Ma le autorità di polizia
lo vanno a trovare e gli spiegano quello che lui non sa, per cui egli,
venendo a sapere che Walter O’ Neil sta per diventare procuratore
attraverso il voto popolare ( abilmente indirizzato dalla moglie, Martha
Ivers, diventata padrona di una città, attraverso una fabbrica che
fornisce lavoro a trentamila persone), va a trovarlo per vedere se lui
possa intercedere a liberare Toni (Lizabeth Scott).
L’arrivo di Sam, che non aveva assistito
all’omicidio diciotto anni prima, ma Martha e Walter pensano il
contrario, nel bel mezzo di una campagna di voto, fa nascere il sospetto
a Walter che egli voglia trarre profitto dal suo silenzio,
ricattandolo; e ricattando la splendida Martha (Barbara Stanwyck)
affascinante come il sole, ma marcia fino al midollo: la brama di potere
(quello che lei avrebbe perso se fosse stata condannata e che lui non
avrebbe mai conquistato se avesse testimoniato il vero) fa sì che i due
amanti maledetti non riconoscano più il Bene dal Male: è quello che
ricorderà nel finale drammatico del film, Sam a Martha: lui ha ucciso,
ma per legittima difesa; ma lui non ha mai assassinato nessuno.
Anche in lei piano piano si insinua il sospetto che
Sam non stia lì per caso: prima induce il marito a far liberare la
ragazza, poi il ricordo di Sam e del mai sopito amore si insinua in lei,
e lei lo contatta. Ma Sam, pur attirato da lei è innamorato di Toni e
quindi le da l’addio: lei però trama perché la sua permanenza in città
si allunghi; Walter è geloso ed incarica un investigatore privato di
vagliare le affermazioni dell’ex amico e così viene anche a sapere
dell’interesse della moglie nei suoi confronti. Così induce Toni a fare
da esca affinché degli uomini da lui pagati cerchino di ucciderlo e
toglierlo di mezzo. A questo punto, Sam è adiratissimo: maltratta Toni
che gli rivela il piano di Walter e allora lui cerca di capire perché
intorno a lui ci sia tanto interesse. E parte proprio da quel 27
settembre 1928, da quella data che lo ha colpito, quando gliel’ha citata
Martha: come faceva a ricordarsi così bene la data di un giorno
qualunque che neanc’egli si ricorda? Evidentemente è legato a quella
data un altro ricordo. E così comincia ad investigare; e leggendo i
giornali di tanti anni prima, capisce tutto.
Ora vuole ricavare il possibile dal silenzio, e
sogna di spremere le due galline dalle uova d’oro. Solo che Martha è
innamorata di lui, pur temendolo; e suo marito ha capito dell’insano
rapporto che lei vorrebbe intrattenere con Sam, e che ella non sopporta
più la sua vicinanza: ora che è ritornato il suo vecchio amore, sogna di
sottrarlo alla vulnerabile e indifesa Toni e fare di lui il suo uomo.
Ubriaco, cade per le scale: l’occasione è ghiotta.
Walter è incosciente: lei, nera come il male, incita Sam ad ucciderlo
(così poi da legarlo a lei da un rapporto simile a quello che aveva con
lei Walter, ma inverso). Ma Sam, non è corrotto, e quindi, come “il buon
Samaritano” lo soccorre, invece di sopprimerlo.
Walter, avendo saputo ciò, decide di non
appoggiarla più, quando lei gli ricorda che non è possibile lasciare
andare via vivo Sam, e che se affermasse ancora una volta il falso,
testimoniasse cioè che Sam si è introdotto come un ladro in casa loro ed
è stato per questo ucciso, tutto ritornerebbe come prima, lui, rompendo
per la prima volta il loro sodalizio, e non appoggiandola, ne determina
il tragico finale.
Dramma cupo, il film dette modo a Milestone non
solo di imbastire un grande noir, nero come un’anima persa, ma anche di
confezionare un grande film sulla bontà dei sentimenti: un po’ Frank
Capra, un po’ altro. Da Frank Capra prende la forza dei buoni sentimenti
da contrapporre alla malvagità e all’odio, ma Milestone dà anche una
grande connotazione dualistica al suo film: infatti doppia è Martha
(come Smith rappresenta la bontà non trasformata in malvagità, come
Ivers rappresenta il potere che è anche quello di voler decidere della
vita di altri, scegliendo di sposare la menzogna, l’inganno e
l’omicidio), ma doppio è anche l’animo di Walter (è testimone
dell’omicidio e quindi potrebbe accusarla ma non lo fa). Doppio è però
anche Sam (è innamorato di Toni, ma non riesce a sottrarsi al ricordo
debole di un amore finito ma che sarebbe potuto non esserlo se diciotto
anni prima non avesse deciso di fuggire da quella casa). Non solo. Sam è
doppio anche perché se è vero che la sua venuta a Iverstown rappresenta
per i due coniugi assassini se l’affacciarsi del rimorso, almeno la
paura che i loro delitti vengano scoperti, dal ritorno di un testimone
temuto, lo è altrettanto il fatto che solo lui può salvare Toni, e
donarle una nuova speranza. E anche Toni è doppia: nel salvarsi affossa
Sam, ma nello stesso tempo lo ama.
Il doppio in Walter, Martha, Sam e Liza, diventa un
“doppio doppio”, se prendiamo in esame le coppie: innanzitutto, come
alcuna critica mette in luce, la coppia degli assassini viene
contrapposta a quella degli innocenti (secondo un procedimento che poi
Nicholas Ray, dico io, svolgerà compiutamente nel dramma dell’odio e
dell’amore che è Johnny Guitar, un suo metaforico noir travestito da
western); e poi c’è anche da considerare che all’interno del gruppo a
quattro, altre due coppie si formano, diverse, e non originanti
dall’attrazione reciproca, quanto dalla forza opposta alla debolezza: la
coppia formata da Toni e Walter, entrambi deboli e fragili, prigionieri
delle proprie paure (la paura di ritornare in carcere per un furto non
commesso, da parte di Toni; la paura di perdere Martha e anche il
potere, da parte di Walter); e quella formata da Martha e Sam, entrambi
soggetti forti e vincenti: sono loro due i veri protagonisti della
storia, che si attraggono e si respingono.
Doppia è anche la verità presunta: Martha racconta a Sam, che lei ,dopo la morte della zia, è diventata la vittima
di Walter e di suo padre, e come ella sia stata costretta a
testimoniare contro il vagabondo per farlo accusare della morte di sua
zia; Walter gli dice invece che è stata Martha, dopo aver ucciso la zia,
ad aver saputo attirare nella sua orbita lui e suo padre, e come fosse
stata spietata e cinica nel testimoniare contro il vagabondo, giurando
il falso per farlo impiccare, non costretta da nessuno a farlo,
chiudendo la faccenda per sempre.
Lo stesso fuoco che Sam e Martha trovano acceso nel
bosco, è la rappresentazione visiva del conflitto dei sentimenti: nel
momento in cui divampa, anche gli occhi di Martha sono pieni di fuco, di
odio incontrollabile; ma il suo spegnimento rappresenta la resa di
Martha, quando egli con forza la fa sua, perché in fondo in fondo vuole
rincominciare la storia d’amore che diciotto anni prima aveva
interrotto.
Martha è abituata ad avere tutto, e chi le si
oppone e a lei sfugge, provoca il suo risentimento e la sua vendetta; ma
Sam è diverso, egli è il prode cavaliere che uccide il drago e salva la
donzella.
E quando uccide il drago, ossia decide di non stare
dalla parte di due assassini, e addirittura di non compiere egli stesso
un omicidio , innanzitutto uccide il drago che è in lui, quel drago che
lo aveva tentato a ritornare indietro.
E se prima Walter in una famosa scena, prima dell’epilogo tragico, a Martha, aveva ricordato che: “No,
Martha, io non ti lascerò mai. Io ti amo. Non è colpa tua, Martha, né
mia, né di mio padre, né di tua zia. Non è colpa di nessuno, la vita è
così e basta: dipende da quello che si vuole e da quanto lo si vuole…e
da quanto è difficile ottenerlo”; e se poi vedendo Sam che si
allontanava (che non si allontanava solamente dalla sua casa, ma anche
per sempre dalla sua vita), Martha aveva detto a Walter che “..ora cambierà tutto tra noi due, te lo giuro. E’ come se non fosse mai successo niente”; e se dopo che lui aveva ripetuto l’affermazione: “E’ come se non fosse mai successo niente” con un tono dubbioso, lei gli aveva chiesto: “Tu mi credi?”,
ora Martha capisce che tutto si è rotto tra loro, che lui non le crede
più. E appena sente che lui impugna la pistola che lei aveva prima
impugnato contro Sam, e la sente premere contro il suo ventre, capisce
che ormai Walter le è lontano, non è più dalla parte sua, ma sa anche
che è un debole e che difficilmente spingerà il grilletto. E così
l’aiuta.
Ma Walter senza Martha non può vivere e così..doppio è così anche il suicidio.
Martha, accasciandosi, chiede di essere chiamata Martha Smith:
lo fa perché si sta pentendo delle nefandezze che
ha compiuto in quanto Martha Ivers, quando ha ucciso la zia in un impeto
d’ira e ancor di più quando ha deciso di far uccidere un innocente
perché non valeva nulla al suo confronto, e riappropriandosi del suo
cognome originario è come se voglia togliersi d’addosso il sudiciume
morale che le sue origini materne le hanno imposto?
Rimangono solo i due buoni, Sam e Toni.
Quando si lasciano alle spalle, dopo l’omicidio
suicidio di Martha e Walter, la cittadina, è come se decidessero di
lasciare alle spalle il loro passato, che è un passato comune, di due
individui che hanno sofferto di situazioni familiari anormali molto
simili (assenza di affettività parentale: lui non ha conosciuto la madre
e il padre se ne è andato quando era piccolo, mentre il padre di Toni
sovente la pestava di botte), che ora però scelgono di vivere assieme il
presente, donandosi reciprocamente e recuperando nell’altro l’affetto
mancato.
La frase finale di Sam, mentre guida con lei
accanto e alle spalle hanno Iverstown, ha un sapore filosofico che
trascende il suo significato più ovvio:
“Non voltarti, tesoro. Non voltarti mai”.
P. De P.
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