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martedì 5 marzo 2019

Henri Verneouil : Il Clan dei Siciliani (Le Clan des Siciliens,1969), con Alain Delon, Jean Gabin, Lino Ventura, Amedeo Nazzari, Marc Porel, Irina Demick

Con Il Clan dei Siciliani, Henri Verneouil tentò il gran colpo, confezionando un prodotto a metà tra il polar francese e il noir americano. E lo fece con un grande cast che comprendeva tre mostri del cinema transalpino: Alain Delon, l'attore francese allora più apprezzato all'estero, il vecchio ma inossidabile Jean Gabin,  e il roccioso Lino Ventura, e facendo fare una parte da comprimario, quasi un cameo, all'intramontabile attore italiano Amedeo Nazzari (grande interpretazione).
Fino ad allora Henri Verneouil aveva diretto film di tutti i generi, sortendo buoni successi talora, come nel caso del western atipico La Bataille de San Sebastian del 1967 con Anthony Quinn e Charles Bronson o come Mélodie en sous-sol del 1963 con Jean Gabin e Alain Delon, ma mai convincendo del tutto, perchè in sostenza era un artigiano di B-movie. Il successo arrivò quindi non si può dire inaspettato, ma neanche molto aspettato, proprio con Le Clan des Siciliens, che ancora ad oggi rappresenta forse il più grande successo commerciale del cinema francese e che lo lanciò definitivamente nello star-system. 
Verneouil ci riuscì confezionando un prodotto, che pur mantenendo alcuni clichè del polar transalpino (la malinconia francese, una presenza marcata femminile, una storia d'amore finita male, il criminale sfortunato che tenta il colpo perfetto ma gli va male) strizzava l'occhio al cinema spettacolare americano. A rimarcare la qualità del prodotto, una colonna sonora d'eccellenza che si ricorda tutt'oggi, affidata ad Ennio Morricone.


Roger Sartet è un rapinatore che per rubare una preziosissima collezione di francobolli non esita ad uccidere due poliziotti e per questo viene condannato a morte. Tuttavia nel trasferimento dal Palazzo di Giustizia al penitenziario viene fatto evadere dal Clan dei Siciliani, un gruppo criminale familiare che fa capo a Vittorio Malanese, la cui attività di copertura è la riparazione di flippers, ma che è dedito a varie attività criminali. Sartet convince Malanese a mettere in esecuzione una rapina ad una mostra di gioielli che si terrà a Roma, dato che i piani di sicurezza sono in sua mano, avendoglieli redatti sommariamente a mano l'ingegnere che li aveva messi a punto, poi condannato per uxoricidio e finito nella sua cella.
Malanese decide che la cosa si può fare, ma siccome ha bisogno di uomini fidati, decide di proporre metà dell'enorme bottino ad un boss di Cosa Nostra, suo vecchio amico, Tony Nicosia, e lo invita a Roma. Durante un sopralluogo a Villa Borghese, tuttavia essi capiscono che in quella sede è praticamente impossibile sottrarre i gioielli per di più essendo collegato il sistema di sicurezza al comando operativo di Polizia e Carabinieri che accorrono per un nonnulla ogni volta. Decidono quindi di pensarci sopra e pertanto strappano un dollaro in due metà: qualora uno dei due metterà a frutto un piano a prova di bomba non dovrà fare altro che inviare la sua metà del dollaro da unire all'altra.
Tony Nicosia un giorno invia un proprio emissario, con la sua metà di banconota e con il suo piano: la rapina non avverrà a Villa Borghese, ma allorchè l'intera mostra sarà spedita a New York.
Intanto accadono due fatti che avranno ripercussioni su tutto:
il Commissario Le Goff, a cui è sfuggito Sartet, è sulle sue tracce, e comincia a fargli il vuoto arrestando chi gli ha fatto i documenti di identità falsi: guarda caso è la stessa persona a cui si sono rivolti in un primo tempo i Malanese per dotarsi di falsi passaporti per la rapina, che è un loro vecchio dipendente che fa il fotografo pornografico. Credendo di aver trovato i rullini di Sartet, in realtà mette le mani su quello dei Malanese, ma il fotografo con un sotterfugio li brucia alla luce del giorno. A quel punto, a Le Goff non rimane altro che aspettare che Sartet si metta in contatto con la sorella, che è sorvegliata a vista. Cosa che accade: sotto gli occhi della polizia, nascosto in un'auto, Roger da l'addio alal sorella;
Jeanne, la moglie di Aldo, uno dei figli di Malanese, si innamora di Sartet: Sartet che non tocca una donna da anni, è fortemente attratto dalla prorompente sensualità della donna che fa di tutto per avere un contatto con lui. E il patatrac avviene nella villa sul mare dei Malanese, dove lui sta pescando e lei si denuda completamente per tentarlo: dal dire al fare... Ma in agguato c'è il nipotino che gioca a palla che vede la zia posseduta dal gangster, e a cui promette di non dire nulla.
La rapina avviene con un piano perfetto: i Malanese prendono lo stesso volo su cui viaggiano i gioielli, e Sartet intanto il giorno prima si è sostituito all'agente assicurativo che ha ricontrollato l'autenticità dei gioielli prima che essi vadano in America. La moglie dell'agente assicurativo, ingannata dai Malanese, viene convinta a pensare che il proprio marito stia ancora in Italia, ma intanto lei sale sull'aereo e vede per caso Sartet, riconoscendolo poi nella stazione di polizia.
Mentre Le Goff e la polizia americana aspettano che Sartet arrivi a destinazione all'aeroporto di New York, l'aerero, dirottato dai Malanese, da Sartet e da un picciotto di Nicosia che guida l'aereo, plana invece sull'autostrada e lì i preziosi vengono trasbordati su auto dei Nicosia, mentre i Malanese ritornano in patria con altro volo da New York. Solo Sartet, bruciato, rimane in America in attesa di espatriare coi suoi soldi a Vera Cruz. 

Tuttavia il destino è in agguato: mentre i mlanese stanno vedendo un film con una scena di passione, il bambino associa due amanti alla zia e al gangster. Da lì il passo è breve: Vittorio Malanese decide di uccidere Sartet, costringendolo a ritornare in Francia, mentre Jeanne, l'amente di Sartet cerca di avvisare la sorella a non far venire il fratello in Francia. Ma accade il contrario: Le Goff, arresta alla stazione i figli di Malanese e la sorella di Sartet, avendo capito da chi la rapina sia stata orchestra e chi abbia dato la mano per la fuga del gangster, mentre il vecchio patriarca, uccide involontariamente la donna e poi il gangster, venendo poi arrestato da Le Goff.
Il film è come dicevamo a metà tra un thriller americano e un noir francese: tratto da uno dei tanti romanzi di successo di Auguste Le Breton (autore del grandissimo successo Rififi, che originò un film altrettanto famoso con grosse doti di spettacolarità: ben calibrato, con un montaggio d'effetto ed una musica meravigliosa che sottolinea i momenti determinanti della pellicola. Gabin domina la scena, Delon interpreta la parte del malavitoso sfrontato, che prende ciò che vuole, e lo fa con una bravura consolidata da anni di parti del genere; infine, Ventura è a suo agio nel ruolo di commissario,  che interpretò svariate volte.
In certo senso, il film di Verneouil anticipa quello di Ford Coppola: infatti Il clan dei siciliani non è altro che la saga di una famiglia mafiosa che opera in un certo Paese cosa che accade anche nel caso de Il padrino. E come nel film di Francis Ford Coppola, anche in quello di Verneouil la famiglia mafiosa non solo comanda ma alla circostanza entra in azione. Tuttavia noto una differenza tra i due modelli mafiosi italo-americani: in quello americano le donne hanno ruoli femminili all'interno della famiglia, cioè sono madri, sorelle e non partecipano all'azione pur conoscendo le finalità della famiglia; in quello francese, le donne pur avendo sempre un ruolo sottomesso all'uomo (sono gli uomini della famiglia che pianificano le azioni mentre le donne eseguono oppure hanno sempre ruoli all'interno della famiglia), partecipano all'azione: infatti entrambe le donne della famiglia Manalese, la figlia Therese e la nuora Jeanne hanno un ruolo nell'evasione di Sartet.

All'inizio il film è un thriller: d'antologia l'evasione per esempio; ma poi, mano a mano, al thriller si sostituisce il noir poliziesco, anche se ceneri del thriller continuano a permanere nel gioco sotterraneo che continua ad esserci tra Le Goff e Sartet, tra il ladro e il poliziotto, tra il primo che continuamente sfugge, e il secondo che più di una volta è lì per acciuffarlo ma poi si ritrova un pugno di mosche in mano. Come nel caso per es. di un'altra rocambolesca fuga, una volta che Sartet è approdato dai Malanese: volendo appagare la sua fame di sesso, decide di passare la notte con una prostituta d'alto bordo in un hotel, ma viene tradito dal portiere. Se ne accorge in tempo perchè la prostituta gli dice che è la prima volta che il portiere propone lo champagne. La fuga è fantastica: da una finestra si butta sul palazzo vicino, dove atterra in un altro appartamento, e mezzo nudo corre fino alla stazione. Il salto da una finestra ad una sottostante del palazzo vicino mi ha ricordato quello di Jason Bourne nel terzo film della saga, quando ingaggia la lotta con l'asset a Tangeri.
C'è anche una riflessione su dei momenti particolari del film: quando accade qualcosa di inatteso o di caratterizzante, ecco che la musica appare e sottolinea. Per esempio: Jeanne si è innamorata del nuovo arrivato e gli va a portare delle provviste (Sartet abita in un appartamento separato da quello dei Malanese). Mentre aspetta alla porta, la musica sottolinea l'attesa con una inflessione dolce per terminare bruscamente con l'apertura della porta dell'ascensore al piano e l'apparire dell'oggetto del desiderio. Oppure quando arriva l'emissario di Nicosia con la metà del dollaro e il piano per rubare i gioielli. Faccio notare il movimento dell'aereo giocattolo del nipotino, che riproduce un Boeing, mentre nonno padre zii e il mafioso venuto dall'America discutono proprio su come dirottare un Boeing.Se la rapina in aereo, il dirottamento e il planaggio sull'autostrada rimandano a film più squisitamente americani, il plot con le trame nella famiglia Malanese e le schermaglie amorose tra Sartet e Jeanne si apparentano al Polar più autentico. Riconosciamo infatti uno degli schemi classici del Noir/Polar: i gangster, la polizia, la donna innamorata, che questa volta è la sorella, anche se la donna fatale (la nuora del patriarca) è innamorata. 
Se vogliamo, la caratteristica tipica del film noir francese, è questa melanconia di fondo sposata ad un determinismo, all'inceppamento di piani perfetti per delle quisquilie che determinano il disastro totale: Jeanne si innamora del nuovo arrivato, anche perchè sono entrambi francesi, mentre tutti gli altri, la moglie del patriarca, i due figli maschi , la figlia femmina e il genero e il figlioletto sono siciliani. C'è un'attrazione fatale. Ma l'attrazione è tale nei confronti di Sartet : lui è l'oggetto del desiderio, capace di far uscire la donna dagli schemi abitudinari di una famiglia in cui non è mai stata compresa; ma in quanto soggetto, corrisponde al desiderio della donna, solo sotto la valenza sessuale. E' un rapinatore: afferra quello che gli piace e non si pone interrogativi. Qui dovrebbe porseli. Invece il fatto di aver risposto ad un impulso passionale di natura sessuale determina la sua e l'altrui morte.
Come si vede, non solo un film noir, non solo un thriller d'azione, ma anche un film con un notevole spessore psicologico. Non è un film di stampo melvilliano: Melville fissa le sue sequenze sulla Parigi dei bassifondi, sulla Parigi notturna, sullla Parigi dei disperati; ma un film che cede all'azione, al settaggio criminale, in cui la criminalità non è solo disperata ma anche ostentata, sfacciata. Questa è l'anima di Sartet, rapinatore pluriomicida, che ha il torto di mettersi sullo stesso piano di una famiglia mafiosa, che usa anche magari simili espedienti criminali, ma sottostanti a regole di onore, che il balordo parigino non conosce.
E' questo il vero scontro nel film: la criminalità fine a se stessa contro quella fondata sui valori. Non a caso il Commissario Le Goff è assai più gentile con Malanese che ha ucciso senza pietà nuora e amante, di quanto lo fosse stato con Sartet.

P. De P.




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